mercoledì 28 dicembre 2011

Giorno 10 - Montevideo - Buenos Aires

26 dic 11
MONTEVIDEO - BUENOS AIRES
GIORNO 10

Mi mancava la vita di frontiera. Troppo semplice l'attraversamento di quella Brasile-Uruguay. Era il giorno di Natale ed anche i doganieri in servizio si sentivano un po' in vacanza, tanto che non siamo nemmeno dovuti scendere dall'Ostrega! Bus e le pratiche burocratiche la hanno svolte i nostri autisti. Oggi è andata diversamente: il passaggio dall'Uruguay all'Argentina è stato più complesso e impegnativo e, per un po' mi è sembrato di essere tornato sulla Via della Seta. Prima scaricare tutti i bagagli per sottoporli ai raggi-x, siamo stati fermi per più di 2 ore sotto un sole cocente. Noioso? Faticoso? Lo sarebbe stato senza la presenza di quel che io chiamo il "fattore Ostrega!", ovvero quel meccanismo per cui anche l'impresa più ardua diventa abbordabile, e la situazione più spiacevole si trasforma in un'opportunità di divertimento. E quindi il gruppo di 34 si scinde in 2: il primo si dispone in cerchio per fare ginnastica e stretching e sgranchirsi le ossa dopo lunghi giorni in viaggio. Il secondo sfrutta le linee stradali per delimitare un campetto da pallavolo (che per una volta prende il posto del calcio) e sfidarsi a colpi di schiacciate. Almeno fino a che non arriva un agente a bloccare tutto urlando che non si può. Ma a quel punto la partita è appena finita e le pratiche doganali sono svolte.
E' il preludio di una giornata entusiasmante. Entriamo a Buenos Aires nel pomeriggio. Il fascino della capitale si mostra ancor prima di scendere dalla corriera. I lunghi e dritti viali (Avenida Rivadavia è lunga 70 chilometri, Avenida 9 de Julio è celebre per essere la strada più larga del mondo con le sue 16 corsie), gli immensi parchi di Palermo, gli edifici in stile coloniale del centro, i palazzi di vetro che costeggiano il Rio de la Plata, gli stucchi colorati, quella luce che taglia di traverso la città che già abbiamo incontrato a Montevideo. Inoltre è il 26 dicembre, Santo Stefano. Anche qui è vacanza. In tanti hanno abbandonato la città per le località balneari. La città è comunque brulicante, ma le auto circolano fluidamente e il livello di smog risulta più che accettabile.
Facciamo in tempo a sfruttare le poche ore di luce che ci restano per visitare il cuore della città: Plaza de Mayo (le "madri" scendono in strada il giovedì, ma troviamo comunque un picchetto di protesta piuttosto vivace), la Casa Rosada che fu dei Peron, il Microcentro. Prossimi al crepuscolo, ci gustiamo la città dai tavolini di un bar lungo la calle, e con essa un buon vinello con empanadas.
Poi Avenida Florida, Avenida 9 de Julio e l'obelisco. E tutti a cena a festeggiare rumorosamente. Tranne un gruppetto che si mette a caccia di milongas. Impresa quasi impossibile il lunedì sera. Finiamo anche al Barrio La Boca. El Caminito è deserto, spettrale, mal frequentato. Esperienza che non consiglierei soprattutto a chi, come me, viaggia armato di telecamera alquanto ingombrante e vistosa. Ma anche questa è esperienza. Ed è l'opportunità per sentirsi addosso quell'inquietudine che mi immagino aleggiasse al porto, allorquando uomini soli e sofferenti sfogavano le proprie pene d'amore ballando tra loro sulle sensuali note del tango. E' di notte, vicino al porto, che si annusa l'odore del sobborgo e che si sente quel brivido che scorre tra le note del tango e che con immensa eleganza Juan Luis Borges descrive in questi versi:
"Il tango crea un torbido 
passato ch'è irreale e in parte vero,
un assurdo ricordo d'esser morto
in duello, a un cantone del sobborgo".

Dimitri Feltrin

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