venerdì 30 dicembre 2011

Giorno 13 - Cordoba - Mendoza


29 dic 11
CORDOBA-MENDOZA
GIORNO 13


La fatica sta avendo il sopravvento. Si parte ben prima che il sole si sia alzato. Normalmente la sveglia è alle 4. Si riposa in corriera, ma non tutti riescono a dormire. E quando si mette piede in una nuova città nessuno vuol rinunciare a godersela fino in fondo. Così gli organismi si indeboliscono e si è più vulnerabili alle malattie. Chi di dissenteria, chi di mal di gola, chi di febbre più o meno alta, conto almeno 7 dei miei compagni di viaggio in difficoltà fisica. Niente di grave, ma quanto basta per non riuscire a godersi al meglio gli eventi e, soprattutto, la vita in corriera, che è quella che occupa la stragrande maggioranza delle nostre giornate. Cominciano a venire meno le situazioni in cui è coinvolto l'intero (o gran parte del) gruppo. Si canta meno, si scherza meno, si interagisce meno. Si dormicchia, si guarda dal finestrino, si dormicchia. Io stesso fatico a tenere gli occhi aperti davanti al computer. Piuttosto, telecamera alla mano, cerco di non perdermi gli scorci più intensi o caratteristici che offre il panorama.
Cominciamo a percorrere territori che si avvicinano a quel che definiamo pampa: distese di terreni incolti sui quali pascolano mandrie di vacche in piena salute, cavalli allo stato brado e su cui avvistiamo continuamente grossi uccelli che non riusciamo a meglio identificare e che plano con eleganza al disopra dei cespugli. Facciamo rotta su Mendoza, capitale vinicola dell'Argentina. solo a una ventina di chilometri dall'arrivo incontriamo i primi vigneti, in pianura. Vi sono anche molti nuovi impianti: a quanto pare anche qui l'industria del vino viaggia a gonfie vele e favorisce nuovi investimenti. Il centro di Mendoza si rivela moderno, vivace. La vita gira intorno alle 5 piazze principali: la centrale piazza Indipendenza e le altre 4, disposte simmetricamente: piazza Cile, piazza Italia, piazza Spagna e piazza San Martin. La sua struttura è ordinata. Si vede che è stata ricostruita e riconcepita da poco, dopo il terremoto che l'ha distrutta verso la metà del secolo scorso. Platani e gelsi riparano le strade più affollate dal sole cocente, che altrimenti sarebbe insopportabile.
La giornata si conclude con una cena informale con alcuni dei rappresentanti cittadini della comunità veneta e delle categorie economiche. Siamo sottotono. Non riusciamo a regalare il calore che normalmente ci trasciniamo dietro. Qualcuno se ne torna in albergo alla chetichella per infilarsi sotto le coperte a smaltire la febbre. Altri resistono. Altri cercano un tuffo in piscina prima di cedere il passo.
Domani si varcano le Ande. Sveglia alle 4.

Dimitri Feltrin

Foto di Elena Squizzato

Giorno 12 - Buenos Aires - Cordoba

28 dic 11
BUENOS AIRES-CORDOBA
GIORNO 12


Ivan ha deciso che l'appartamentino non lo prende più a Buenos Aires, ma a Cordoba. Città universitaria fondata dai Gesuiti, Cordoba è un piccolo gioiello. Concentrata, a portata d'uomo, vivace, musicale, con le sue belle piazzette alberate, i vialetti frequentati quasi esclusivamente da giovani, gli edifici storici ben tenuti e ben armonizzati con il resto dell'arredo urbano, una quantità incredibile di belle ragazze e una quantità altrettanto incredibile di locali aperti fino a mattina.
Punti tutto su Buenos Aires, e a farti vincere il jack-pot è Cordoba. E' stato un po' come in Uzbekistan durante l'Ostrega! in Tour. Lì tutte le aspettative erano riposte su Samarcanda, ma a stregarci è stata Bukhara. A Cordoba ci siamo arrivati dopo la solita lunga giornata di viaggio. Stanchi. Perché, ormai, stanchi lo siamo in modo cronico. Ma quando, verso le 18, abbiamo potuto riversarci in strada, le energie sono tornate pian piano a invadere i nostri corpi e le nostre menti. Le piazze, la cattedrale, il quartiere gesuita, quello universitario. Un trio fricchettone suona lungo la via pedonale. un trio jazz suona in piazza. I loro suoni prendono il posto di quelli delle auto e dei mezzi pubblici. L'incedere del passo, sempre un po' forzato in metropoli, si rilassa e asseconda il ritmo delle note. La tensione va scemando. Un aperitivo tutti insieme. Ci si divide per cena, ma in tanti scegliamo di provare di persona le tanto decantate qualità delle bifes di vacca e del Malbec di Mendoza. Non restiamo delusi. Ci si ritrova e si continua a girovagare per il centrocittà. Non c'è tensione, non c'è smog, non c'è degrado. C'è giusto il tempo per assaporare Cordoba prima che sia ora di tornare in hotel, infilarsi 2 minuti sotto la doccia, chiudere la valigia e rimetterci in marcia.
Torneremo a Cordoba. Se non altro per venire a trovare Ivan.


Dimitri Feltrin

mercoledì 28 dicembre 2011

Giorno 11 - Buenos Aires

27 dic 11
BUENOS AIRES
GIORNO 11


Ivan vuol comprarsi un appartamentino a Buenos Aires. E molti, come lui, rimpiangono di non aver potuto gustarsi più a lungo questa città che ci ha particolarmente colpiti per bellezza e vivacità. Una Parigi oriunda. Senza la Defence ma con il Caminito. Senza il Louvre ma con la Bombonera. Senza Rimbaud, ma con Gardel. L'abbiamo assaporata come potevamo, muovendoci in fretta per vedere il più possibile. Ma l'abbiamo gustata comunque. Buenos Aires ha fatto breccia. Ero stato avvertito che così sarebbe stato. E la città del tango ha mantenuto le promesse.
Solo il richiamo della nostra missione ci convince a rinunciare a mezzo pomeriggio di visita. Ci aspettano gli amici del circolo "La Trevisana", da più di 70 anni il punto di riferimento per i veneti di Buenos Aires. Qui incontriamo alcuni dei rappresentanti istituzionali ed economici della comunità. Tra essi c'è anche il Console Generale Italiano a Buenos Aires Giuseppe Scognamiglio. Presentiamo il progetto Ostregalatina!, ci confrontiamo sulle opportunità di scambio tra la nostra e la loro terra, ceniamo insieme, balliamo insieme, cantiamo insieme. Ma, soprattutto, chiacchieriamo a lungo con le arzille vecchiette che animano il circolo e che per tutto il giorno si sono date da fare per sfamarci (pasticcio al ragù di carne e spiedini di coniglio e pernice). Sono tutte di origine italiana, quasi tutte trevigiana. Parlano il dialetto come se dalla Marca fossero partite lo scorso anno. E invece mancano da decenni. 
Lina è magrissima. Ma lavora instancabilmente ai fornelli. Non mi vuol dire quanti anni ha perché, racconta, "se li dico mi fanno più paura". Non si sottrae alla telecamera, anzi. Non vede l'ora di chiacchierare e raccontarsi. E' così anche per Nives: 86 anni (lei li proclama con orgoglio!), ma ne dimostra 20 di meno. E' piccolina, vispa. Parla di economia, di politica, di storia e si infiamma pure. Lei ha lasciato Cimadolmo all'età di 5 anni. In Argentina ci è arrivata povera, ma ora si pavoneggia della nipote laureata in fisica nucleare. "Semo 'ndai vanti! Voialtri invexe si 'ndai indrio". Lo afferma con un misto di piacere e dispiacere. Durante la cena è impegnata in cucina, ma ci tiene che vada a filmare l'efficienza della fase dell'impiattamento: sono in 6 o 7. Età media 85 anni. Ma muovono le mani alla velocità di ventenni. Appena le sue incombenze sono finite ci raggiunge al nostro tavolo, si siede con noi e la chiacchierata si prolunga finché non è ora di salutarci. Baci e abbracci. "Torné presto! quando torneu a trovarme?". Nel frattempo siamo d'accordo che appena potrò farlo le chiederò l'amicizia su Facebook. Nives, 86 anni, migrante trevisana, abbatte confini e distanze servendosi del web!


Dimitri Feltrin

Giorno 10 - Montevideo - Buenos Aires

26 dic 11
MONTEVIDEO - BUENOS AIRES
GIORNO 10

Mi mancava la vita di frontiera. Troppo semplice l'attraversamento di quella Brasile-Uruguay. Era il giorno di Natale ed anche i doganieri in servizio si sentivano un po' in vacanza, tanto che non siamo nemmeno dovuti scendere dall'Ostrega! Bus e le pratiche burocratiche la hanno svolte i nostri autisti. Oggi è andata diversamente: il passaggio dall'Uruguay all'Argentina è stato più complesso e impegnativo e, per un po' mi è sembrato di essere tornato sulla Via della Seta. Prima scaricare tutti i bagagli per sottoporli ai raggi-x, siamo stati fermi per più di 2 ore sotto un sole cocente. Noioso? Faticoso? Lo sarebbe stato senza la presenza di quel che io chiamo il "fattore Ostrega!", ovvero quel meccanismo per cui anche l'impresa più ardua diventa abbordabile, e la situazione più spiacevole si trasforma in un'opportunità di divertimento. E quindi il gruppo di 34 si scinde in 2: il primo si dispone in cerchio per fare ginnastica e stretching e sgranchirsi le ossa dopo lunghi giorni in viaggio. Il secondo sfrutta le linee stradali per delimitare un campetto da pallavolo (che per una volta prende il posto del calcio) e sfidarsi a colpi di schiacciate. Almeno fino a che non arriva un agente a bloccare tutto urlando che non si può. Ma a quel punto la partita è appena finita e le pratiche doganali sono svolte.
E' il preludio di una giornata entusiasmante. Entriamo a Buenos Aires nel pomeriggio. Il fascino della capitale si mostra ancor prima di scendere dalla corriera. I lunghi e dritti viali (Avenida Rivadavia è lunga 70 chilometri, Avenida 9 de Julio è celebre per essere la strada più larga del mondo con le sue 16 corsie), gli immensi parchi di Palermo, gli edifici in stile coloniale del centro, i palazzi di vetro che costeggiano il Rio de la Plata, gli stucchi colorati, quella luce che taglia di traverso la città che già abbiamo incontrato a Montevideo. Inoltre è il 26 dicembre, Santo Stefano. Anche qui è vacanza. In tanti hanno abbandonato la città per le località balneari. La città è comunque brulicante, ma le auto circolano fluidamente e il livello di smog risulta più che accettabile.
Facciamo in tempo a sfruttare le poche ore di luce che ci restano per visitare il cuore della città: Plaza de Mayo (le "madri" scendono in strada il giovedì, ma troviamo comunque un picchetto di protesta piuttosto vivace), la Casa Rosada che fu dei Peron, il Microcentro. Prossimi al crepuscolo, ci gustiamo la città dai tavolini di un bar lungo la calle, e con essa un buon vinello con empanadas.
Poi Avenida Florida, Avenida 9 de Julio e l'obelisco. E tutti a cena a festeggiare rumorosamente. Tranne un gruppetto che si mette a caccia di milongas. Impresa quasi impossibile il lunedì sera. Finiamo anche al Barrio La Boca. El Caminito è deserto, spettrale, mal frequentato. Esperienza che non consiglierei soprattutto a chi, come me, viaggia armato di telecamera alquanto ingombrante e vistosa. Ma anche questa è esperienza. Ed è l'opportunità per sentirsi addosso quell'inquietudine che mi immagino aleggiasse al porto, allorquando uomini soli e sofferenti sfogavano le proprie pene d'amore ballando tra loro sulle sensuali note del tango. E' di notte, vicino al porto, che si annusa l'odore del sobborgo e che si sente quel brivido che scorre tra le note del tango e che con immensa eleganza Juan Luis Borges descrive in questi versi:
"Il tango crea un torbido 
passato ch'è irreale e in parte vero,
un assurdo ricordo d'esser morto
in duello, a un cantone del sobborgo".

Dimitri Feltrin

lunedì 26 dicembre 2011

Rio Grande - Montevideo - Giorno 9

25 dicembre 2011
Rio Grande - Montevideo
Giorno 9

Mi ci ha fatto pensare Elena. Avete presente il film Vanilla sky? Quando Tom Cruise si sveglia, scende in strada e trova davanti a sé una città completamente svuotata? Con le dovute differenze urbanistiche e architettoniche, vi siete appena figurati Montevideo nel giorno di Natale. Dove siano andati a cacciarsi il milione e mezzo di abitanti che ci vivono, non è dato saperlo. Ma certo è che dagli ampi vialoni della periferia alle strade della città vecchia, fino al corso che costeggia il porto commerciale, imbattersi in una persona è cosa davvero rara. L'impressione di una rilassante e malinconica desolatezza è amplificata dalla luce accecante che investe di taglio la città: nascosta dagli alti palazzi, ti travolge nel momento in cui riesce a scavalcarli e a riversarsi nelle vie del centro, rimbalzando sui palazzi di vetro, frantumandosi tra le chiome dei platani, specchiandosi sul lucido acciottolato senza essere ostacolata da persone, auto o mezzi pubblici.
Lo so: non è questa la vera Montevideo. Ma girovagare per la deserta capitale uruguaiana è rilassante e piacevole. Soprattutto dopo aver vissuto il caos prenatalizio a Porto Alegre e a Rio Grande. E dopo l'ennesima lunga tratta di corriera che ci ha portati ad abbandonare definitivamente il Brasile per l'Uruguay.
Ci aggiriamo per la città. Ne apprezziamo l'ordine, gli spazi ampi, il verde lussureggiante, le ombre refrigeranti, il bilanciato misto di storia e modernità, lo spiazzante alternarsi di zone impeccabilmente ben tenute e di altre in cui i senza tetto dormono a bordo strada e rovistano nei cassonetti. Lungo la rambla che costeggia le acque del Rio de la Plata si comincia finalmente ad incontrare un po' di fauna umana. Gente che corre a piedi o in bicicletta, famigliole che passeggiano, solitari che leggono al sole, bimbi che giocano con skate-boards pattini e palloni, fisicati che prendono il sole, pescatori armati di canne, aspiranti Furlan che palleggiano. Tutti (tranne i bimbi) hanno con se un termos di acqua calda e la tradizionale "zucchetta" per bere il mate. La storia non cambia in spiaggia. Per ogni gruppetto un termos, un mate e una bombilla, la cannuccia di metallo con annesso filtro che serve per succhiare l'amara tisana. Sapevo del suo diffusissimo utilizzo, ma mai avrei pensato che una bevanda alla temperatura di 80 gradi centigradi potesse prendere anche il posto del ghiacciolo.
Domani c'è un'altra frontiera da attraversare: quella argentina. Si fa rotta su Buenos Aires. E, come testimonia questo disegno del nostro artista di bordo, Roberto Bertazzon, l'Ostrega! Bus si sta trasformando pian piano in una carovana nomade. 
Siamo zingari allegri e spensierati.
E ci gustiamo il mondo.

Dimitri Feltrin

domenica 25 dicembre 2011

NATALE A RIO GRANDE

24 dic 11
NATALE A RIO GRANDE! 


Oh! Vinde, adoremos! Oh! Vinde, adoremos! Oh! Vinde, adoremos o Salvador! 
Per la vigilia di Natale la spedizione Ostrega! si sveglia a Rio Grande, si sente il profumo del mare, e l'albergo ha il mercato del pesce controvento. E' l'ultima città del Brasile che visitiamo prima di continuare il viaggio verso l'Uruguay. Il giorno è plumbeo e ventoso, per la prima volta indossiamo le felpe. Siamo all'antico quartier generale, la piazza si improvvisa campetto da calcio. Ci mescoliamo agli abitanti del luogo che correndo sbrigano le ultime commissioni natalizie. Il clima delle feste ricorda con le luminarie e i regali quel consumismo freddo uguale a quello di casa. E in questa nuova città da scoprire, da respirare e da fotografare come sarà il nostro Natale? 
La nostra ricerca di spiritualità passeggia lungo la spiaggia di Cassino, dove c'è chi sfreccia in auto, e chi prega una Madonna, regina del mare vestita di stoffe lucenti e circondata da bottiglie e mezzi bicchieri di vino, deposti ai piedi della statua come offerta votiva. Dopo 8 giorni di viaggio, le ore di allegria e gioia, le città, le centinaia di chilometri di soia, i sorrisi della gente, i momenti di gloria e di soddisfazione, ci sentiamo attratti quasi magneticamente dalla piccola cattedrale di San Pedro. E' il bisogno di spirito del Natale che ci invita a dare un senso a questo giorno. La Iglesia è calda, è fatta dalla gente, dalla trepida attesa dei bambini, non c'è un coro, non c'è l'organo, è informale se confrontata a casa. E' semplicità. Sopra all'altare cade come un lenzuolo steso la bandiera "ordine e progresso". All'ingresso gli animatori della liturgia indossano i capelli da babbo natale. I fedeli son incitati a rispondere cantando parti della celebrazione. Il risultato è di un'estrema naturalezza, la musica è orecchiabile. Nella cattedrale di san Pedro c'è perfino l'impianto luci...si abbassano. Il canto di Vinde adoremos, conosciuto da tutto il mondo, accompagna l'ingresso del presepe vivente: un giovane Giuseppe emozionato tiene per mano la celeste Maria, ancora in attesa. Tutti cantano ed esultano con il "GLORIA A DEUS NAS ALTURAS!" Entra il bambino. 
C'è chi si commuove. 
C'è chi non andava a messa da anni. 
C'é chi fa la foto con l'arcivescovo e racconta la nostra storia.
Il Brasile crea occasioni e fa piccoli miracoli. 


E come dimenticare la nostra notte di Natale a Rio Grande: canti della tradizione per le strade deserte. Una famiglia si affaccia dal primo piano...forse i nostri più che canti son schiamazzi. Ridono.

Paola Lucato

venerdì 23 dicembre 2011

Porto Alegre - Rio Grande - Giorno 7

23 dicembre 2011
Giorno 7 - Porto Alegre-Rio Grande


Nel Rio Grande do Sul ci hanno preso davvero sul serio. La voglia di entrare in contatto (anche e soprattutto da un punto di vista economico) con la propria terra di origine, è palpabile tra i veneti della sua capitale, Porto Alegre, dove oggi abbiamo dato vita al nostro secondo incontro ufficiale. Nella sede della Fecomercio, l'associazione di categoria più importante dello Stato, a salutare il nostro arrivo c'era il presidente dell'associazione stessa Zildo de Marchi (originario di Selva del Montello!), il Console Generale Italiano del Rio Grande do Sul Augusto Vaccaro, il consultore della Regione Veneto Cesare Prezzi, la Segretaria Generale della Camera di Commercio Italo-Brasiliana dello stato Janice Teresa Rota, il presidente dei Trevisani nel Mondo locali Marino Bardini, e decine di imprenditori e uomini d'affari vogliosi di instaurare un primo contatto con il mondo dell'impresa veneta.
Il mercato italiano è appetitoso per l'export, ma i nostri interlocutori sono interessati anche a molti dei prodotti che promuoviamo. L'enogastronomia, il design, l'arredo, il packaging, la logistica. Il Brasile è in espansione. Nei prossimi anni ospiterà Olimpiadi e Mondiali di calcio. Dovrà essere pronto a finire sotto i riflettori del mondo intero. E per fare bella figura avrà bisogno anche dell'esperienza, dello stile, dell'affidabilità e della credibilità del made in Italy. Questo emerge dagli incontri bilaterali che hanno seguito la presentazione di Ostregalatina! e dalle cordiali conversazioni durante il pranzo condiviso.
Partiamo alla volta di Rio Grande convinti aver fatto un buon lavoro. Felici e orgogliosi di essere stati ricevuti con tanto interesse, con tanta partecipazione e di aver suscitato tanta simpatia. L'umore è alto e in corriera si percepisce. Si scherza, si canta, ci si improvvisa in fugaci spettacoli di avanspettacolo. Moira ed Elena preparano la coreografia di Ai se te pego (il tormentone del viaggio), Paola organizza il presepe vivente di Ostrega! e si dedica alla lirica in duetto con Francesco, i due Andrea si avvicendano alla chitarra ed al microfono, Matteo assegna le camere per la prossima notte con abbinamenti alquanto azzardati (povera Benedetta...).






Dimitri Feltrin

Foz do Iguaçu - Porto Alegre - Giorno 6

22 dicembre 2011
Giorno 6 - Foz do Iguaçu-Porto Alegre

Facciamo rotta verso Porto Alegre, e ci addentriamo così nella parte più "veneta" del Brasile. Non è difficile rendersene conto. Le insegne dei negozi, delle fabbriche, dei ristoranti riportano cognomi evidentemente originari delle nostre zone. L'Hotel Pigatto, il ristorante Quarto's riportano addirittura i cognomi di due partecipanti al viaggio. E poi incontriamo storpiature di cognomi frequenti in Veneto: Martignago, che è anche il cognome della mia nonna materna, per esempio, diventa Martinhago. Stessa pronuncia, diverso modo di scrivere i suoni.
Ci fermiamo lungo la strada (anche oggi le ore di viaggio sono state 18 per percorrere poco più di 800 chilometri) a rifocillarci. Il bar-ristorante-supermercato-bowling in cui capitiamo si chiama "Orsolin ". E' un locale modesto, ma il personale è gentile e sorridente. Al proprietario basta sentire due parole scambiate nel nostro dialetto per intervenire nella discussione: "Anca me nono era italian. El vigneva dal Veneto, ma no me ricordo da dove". Parla, come gran parte della popolazione dello stato del Rio Grande do Sul, il cosiddetto "'talian": idioma che si compone al 70% di terminologie del dialetto veneto parlato nelle nostre campagne fino a una cinquantina d'anni fa. Il signor Orsolin è un immigrato di terza generazione. Lui in Italia non c'è nemmeno mai stato. Dalla sua terra d'origine lo separa un oceano. Eppure la lingua non è andata persa. C'è tutta la famiglia davanti alla mia telecamera a sorridere e raccontare delle proprie origini. Al momento della nostra ripartenza ci regalano un sacco pieno di cioccolatini e ci salutano con la mano mentre ci allontaniamo.
Un avventore del bar, invece, richiama la mia attenzione prima di ripartire in sella alla propria moto. "Football team?", mi chiede indicando i miei compagni di viaggio che fanno un "torello" nella veranda del locale. "Tour", rispondo, "dall'Italia". "Italia, magna poenta e magna fasoi!!!", risponde lui mentre gli occhi gli si illuminano. Anche suo nonno era italiano. Che fosse veneto lo capisco io dalla sua parlata così simile al nostro dialetto.
E' qui che i veneti che sono si specchiano con i veneti che furono. E' qui che gli uni si ritrovano negli altri. Fosse anche solo grazie al ricordo di avere radici comuni, che nemmeno il flusso inesorabile del tempo è ancora riuscito ad estirpare.

Dimitri Feltrin

OSTREGA! E NAPOLITANO

22 dicembre 2011
Ostrega! e Napolitano

A noi la notizia è giunta qualche giorno fa. A ricevere la telefonata da parte del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica è stato Francesco Quarto, Vicepresidente dell'Associazione Culturale Ostrega!. Eravamo al nostro secondo giorno di viaggio e stavamo per ripartire da Rio de Janeiro. La chiamata preannunciava l'arrivo di un fax, che a sua volta avrebbe preannunciato l'assegnazione di un'onorificenza da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano all'associazione per il progetto Ostregalatina!. La notizia ci ha lasciati a bocca aperta. Nemmeno noi ci credevamo tanto, e prima di diffonderla abbiamo ben pensato di attendere la comunicazione ufficiale. Bene, la comunicazione è arrivata. E' indirizzata a Matteo, il nostro presidente e leader carismatico, in quanto rappresentante dell'Associazione. Il Capo dello Stato ha destinato a Ostrega! una medaglia rivolgendoci un augurio per la buona riuscita dell'iniziativa.
Siamo felici e onorati che venga attribuito valore al progetto a cui abbiamo dedicato tanto tempo, impegno ed entusiasmo. Se ce ne fosse stato bisogno, questa è un'ulteriore ragione per svolgere al meglio il nostro compito di "ambasciatori" della terra veneta. E continueremo a farlo con lo spirito allegro e goliardico che ci caratterizza. Vamos, Ostrega!

Dimitri Feltrin

giovedì 22 dicembre 2011

Giorno 5 - Foz do Iguaçu

21 dicembre 2011




Giorno 5 - Foz do Iguaçu

Nella vita, la bellezza si incontra nelle situazioni più diverse. Ho imparato che, in tutte le cose, vale la pena di andarla a ricercare a costo di dover scavare a fondo. L'ho trovata spesso anche nei luoghi, nelle persone, nell'arte, nella musica, nei sentimenti che inizialmente hanno un gusto più amaro che dolce. Ma se c'è stato un momento nel quale la bellezza è stata così immediata, così palese, così totale, da diventare addirittura assoluta, quel momento è stato oggi, quando davanti ai nostri occhi si è manifestato lo spettacolo delle cascate di Iguaçu.
Foto di Sara Rebellato
Abbiamo attraversato la frontiera argentina per recarci a visitare il parco naturalistico che si trova 20 chilometri a Sud-est del punto in cui le acque dell'Iguaçu e del Paranà confluiscono l'una nell'altra. Siamo al confine tra Brasile, Argentina e Paraguay. Le cascate di Iguaçu si compongono di 275 salti d'acqua, sviluppati in 3 chilometri di larghezza e 80 metro di altezza. Più larghe delle cascate Vittoria, più alte di quelle del Niagara.
Lo spettacolo che Madre Natura ha allestito per noi comincia dalla foresta tropicale, popolata di animali selvatici di piccola e e grossa taglia, alcuni dei quali hanno deciso di calcare la scena e mostrarsi ai nostri occhi: farfalle colorate, falchi, armadilli, procioni, tucani. Il secondo atto ci porta a vivere l'emozione di percorrere, a bordo di un motoscafo, il corso del fiume e di lanciarci a tutta velocità sotto il getto di alcune cascate. Una bella scarica di adrenalina e l'emozione di guardare le catarate da un punto di vista del tutto insolito. 
Il gran finale arriva però percorrendo le passerelle elevate che costeggiano l'intero perimetro del bacino. Lo scenario sembra dipinto da un illustratore onirico. Il verde intenso della vegetazione pluviale si alterna all'azzurro dell'acqua che va a sgretolarsi nel bianco della schiuma nel momento del tuffo nel vuoto. Variopinti arcobaleni danno un alone magico e irreale al dipinto, che viene ulteriormente arricchito dal suono dell'acqua che si scontra con le rocce, si attorciglia su se stessa, e poi si getta a capofitto per andarsi a schiantare fragorosamente contro un pavimento liquido. L'emozione si amplifica dinnanzi alla Garganta del Diablo. Una quantità impressionante d'acqua precipita simultaneamente per decine e decine di metri, si vaporizza e dà vita ad un nuvolone candido che si gonfia al di sopra delle acque, mentre i rondoni si scagliano in picchiata tra le nebbie dell'abisso, catturano gli insetti e risalgono dietro al getto delle cascate per andarsi ad appollaiare sui costoni rocciosi. Il tutto accade mentre l'acqua ruggisce così forte da ovattare i pensieri. Si resta come imbambolati. La mente si svuota.
Io non ho mai visto nella mia vita nessun posto più bello e potente di questo. L'oyster Dario, che il mondo lo ha girato quasi tutto, lo pone sul podio insieme con la Muraglia Cinese e la barriera corallina australiana. L'ostreghetta Cinzia parla di un'energia incredibilmente forte sprigionata da questo inimmaginabile luogo. Provare per credere. L'emozione vale il lungo viaggio.
Domani ci aspetta un'altra lunghissima tappa. 830 chilometri tra Foz do Iguaçu e Porto Alegre, capitale del venetissimo stato brasiliano del Rio Grande do Sul. Lì ci attende il prossimo incontro con le comunità dei nostri emigranti.

Dimitri Feltrin

martedì 20 dicembre 2011

Sulla strada per Foz do Iguazu

Dopo aver visitato con calma tutte le attrattive di san Paolo nelle 11 ore, anzi per essere precisi 10 ore, 56 minuti e 34 secondi, di soggiorno nella città paulista, ripartiamo quando è ancora notte alla volta di Foz do Iguazu. Questo è il tappone dolomitico del viaggio, di quasi 1.100 km. Gruppo che inizia per i primi kilometri a ranghi serrati, con la squadra della Maglia Rosa Martinello a fare l’andatura e a controllare la corsa, bloccando ogni tentativo di fuga. Ricordiamo che Martinello, nonostante l’ampio margine sul secondo in classifica, non vuole correre rischi adottando tutte le misure per dare tranquillità alla tappa. La tappa si snoda fra i saliscendi collinari degli stati di San Paolo e Paranà, fra strade circondate di campi di canna da zucchero, soia, fazende e prati con bovini al pascolo. L’effetto scenografico è notevole perché, al verde intenso della vegetazione si contrappongono strisce infuocate di terra rossa che si perdono fino all’orizzonte.
Ma la giornata di oggi, trascorsa esclusivamente a bordo del nostro bus, è il primo vero banco di prova per capire ciò che ci aspetterà per i prossimi 20 giorni. Quindi ognuno di noi a poco a poco prende confidenza dei tempi e delle attività da fare per organizzarsi al meglio.
La prima cosa è capire come fare per far sentire la musica e fare anche un po’ di Dj set. Visti i tentativi poco fruttuosi per finire i canti intonati (a proposito, si segnala il nuovo record di 30 canzoni intonate e non finite in soli 3 minuti), decidiamo di allestire un dj set provvisorio, degno del miglior McGyver: con microfono acceso appoggiato alle casse del computer, abbozziamo una elementare ma efficace forma di intrattenimento.
Il pomeriggio è piacevolmente interrotto dall’intervento telefonico del Caimano del Piave, che chiama in diretta MarilùOstrega per salutare e dedicare una canzone agli avventurieri.
Grazie ad una votazione passata all’unanimità per acclamazione popolare, è inoltre approvato il progetto “Redimi il tuo Pigatto”. Riusciranno i nostri eroi a farlo diventare un papa boy in soli 20 giorni?
Per iniziare l’opera, Fra Bosa da Riese, bon fal pan, intona una litania generale per i suoi compagni di ventura, evocando le personalità oggetto di culto delle sue orazioni. L’Ilarità generale stava per trasformarsi in tragedia visto il cine operatore Feltrin e la mite Genesin stavano per soffocarsi dal ridere. A tarda serata arriviamo a Foz do Iguazu, stanchi ma pronti per la visita alle cascate del giorno dopo.

Francesco Quarto

Ostrega! San Paolo

Bene cari amici, bentornati ai microfoni di Rio DJ. Dopo il consueto appuntamento all’alba con Platinettinha, sulle cui note ancora si scatenano i TRANSformers della notte, TRANSitiamo l’ultima volta fra le strade di Rio già piene di gente. Tutte persone che si sono svegliate all’alba per iniziare il loro TRANS TRANS quotidiano: non poteva che cominciare così una trasferta TRANS oceanica.
Si parte alla volta di San Paolo, sperando di non avere l’hotel in Via di Damasco. La partenza alle prime luci del mattino non ci ha permesso di fare colazione come siamo abituati. Dopo inequivocabili segni di inizi di cannibalismo fra gli Oysters, autisti compresi, questi ultimi impongono una sosta obbligata per sfamare i nostri istinti animali: il menù del campione di oggi, curato personalmente per Ostrega! da Gordon Ramsey, prevede Cheese Burger con picanha, birra analcolica (mi raccomando, che resti un segreto fra noi;) ) bomboloni onti ripieni di formaggio e carne, cappuccino liofilizzato e succo di melao.
Dopo aver applicato alla stragrande il piano FAMEZERO del Governo Brasiliano, gli Oysters, con la panza piena si mettono all’opera!
Bisogna infatti personalizzare il nostro mezzo con gli adesivi dei nostri sostenitori. Con scala e scopettone alla mano, e diretti dal Maestro Andrea Piccolo gli Oysters si danno da fare tappezzando l’autobus.
Ad Andrea Berno, sconfortato per non essere lì alla guida del Barbi, abbiamo comprato una Barbie gonfiabile a grandezza naturale. Per fargli ricordare ancora di più il suo bus, l’abbiamo fatta gonfiare da un gommista fino a 4 atmosfere. Sel ghe morde na tetta saltemo tutti par aria!
Nonostante la partenza intelligente, i nostri autisti impegnati a far aderire il più delicatamente possibile i pneumatici all’asfalto, riescono a duplicare con un niente i tempi di percorrenza del tragitto Rio DJ – San Paolo.
Visti i tempi di arrivo sempre più pericolosamente a ridosso dell’orario fissato per il primo evento del nostro progetto, i canti e le baldorie della tarda mattinata si trasformano, prima in tenui e imploranti litanie a tutti i Santi i beati e i cori angelici, e poi, vedendo che nemmeno questi possono fare qualcosa, si passa agli intercalari propri degli scaricatori di porto.
Qualche rapido cambio di strategia, e finalmente arriviamo al Circolo Italiano, in Avenida Ipiranga per l’incontro con i vari rappresentanti del Veneto in Brasile… spogliati in fretta e furia nella hall dello stabile e indossata la nostra uniforme ufficiale, polo blu e pantaloni lunghi, iniziamo ad allestire ed a condurre l’evento. Che dire di quest’ultimo?
Oltre a ricevere sinceri e graditissimi complimenti per il nostro progetto, abbiamo conosciuto un sacco di gente interessata all’iniziativa. Persone che ci hanno raccontato della loro vita, del loro legame di sangue con la nostra cara vecchia Italia. A fine evento l’atmosfera creatasi era talmente conviviale che tutti, giovani e meno giovani, hanno cominciato a intonare canti popolari italiani e veneti. Come potevamo noi sottrarci a tutto questo???

Francesco Quarto

Ostrega! Copacabana!

Oggi seconda giornata dell’OstregaLatina in terra sudamericana, dedicata interamente alla visita della città di Rio de Janeiro, che abbiamo già iniziato a conoscere la sera precedente per cena,post cena e post post cena (quasi pre-colazione).
Al mattino l’impatto con la città è decisamente improntato alla curiosità: per le persone, per i luoghi da visitare e per la quotidianità degli stili di vita degli abitanti. Ma soprattutto di un bar che faccia vedere Santos-Barcellona, finale di coppa del mondo per Club. Con nostro stupore scopriamo fra l’altro che anche in Brasile regna il campanilismo più schietto, dato che quasi tutti tifano per il Barcellona, perché il Santos, squadra del campionato paulista non è degna di essere tifata dagli odiati rivali carioca.
La prima tappa ci porta a visitare la montagna del Corcovado, chiamata affettuosamente dagli abitanti di Rio, “Madonnasantabenedettadell’incoronetadelCorcovedo”. Dopo una contrattazione degna del migliore mercante arabo, riusciamo a farci fare un super prezzo di favore per la salita al monte: lo stesso che si pratica usualmente ai turisti. E in effetti che senso ha che uno tratti come un mercante arabo se non è in Medioriente?? Ma soprattutto cosa ci fa un mercante arabo a Rio de Janeiro? E se c’è ce ne sarà anche uno brasiliano a Amman (e se non è Amman sarà Inlavatric?). Sono problemi forti, che tutto il gruppo Ostrega cerca di risolvere...
Prima di salire in cima al complesso dove c’è la statua del Cristo Redentore, ci fermiamo per una sosta al Mirador dove abbiamo modo di goderci una prima splendida panoramica della baia e della statua. Ovviamente troviamo il tempo di fare qualche tiro a calcio sulla piattaforma di atterraggio degli elicotteri, stando bene attenti a non calpestare la vicina pista di atterraggio dei coleotteri, proprio accanto a quella di decollo dei fenicotteri.
Saliamo quindi a tu per tu con la statua del Cristo. Purtroppo la presenza di folle urlanti di turisti in tour pre confezionati, toglie molto alla magia del luogo. L’essere stata inserita nella lista delle 7 meraviglie del Mondo Moderno ha evidentemente aumentato di molto il flusso del pellegrinaggio semipagano...alcuni di noi, irriverenti e irredenti, cercano di farsi fare delle fotografie nelle pose più stane col Cristo: stretta di mano, sostegno sotto le braccia, appoggio su un lato…Tanto pasiensa ghi n’ha!
Il pomeriggio ci trasferiamo a Copacabana, la mitica spiaggia, simbolo della vida na praia brasileira. Dire qualcosa che non sia già stato detto su questa spiaggia dai maestri della letteratura o del cinema, è una missione troppo difficile per noi. No Gigi e Andrea, non vi faremo questo sgarbo!
Ma Copacabana è un luogo destinato a entrare negli annali di Ostrega! per la partita a calcio Juventus – Resto del Mondo. L’Ostregajuve, che si presenta con la classica muta a petto nudo e mutanda, schiera Quarto, Cais, Guidolin, Lucchini, Martinello e Bosa. La formazione avversaria si presenta in campo con Cecchetto, Bertazzon, Minato, Stocco, Marotta, Simioni. Arbitra il sig. Colla di Castelfranco Veneto.
Partita subito tiratissima con frequenti cambi di gioco. Partita in salita per la Juve che va sotto di un gol, dopo la realizzazione di un calcio di rigore di Simioni concesso per un fallo di gioco. Episodio dubbio che nemmeno la moviola di Pistocchi è riuscita a chiarire. Qualche minuto dopo Bosa pareggia con un tap in da pochi passi, a termine di una rocambolesca azione di gioco. Ancora episodi dubbi condizionano la partita, con il sig. Colla che concede un secondo calcio di rigore per un presunto fallo di mano di Quarto in fase difensiva di ultimo uomo. Quarto che si fa perdonare subito dopo parando il rigore. Entrano a questo punto Andrea Chabal Berno per il Resto del Mondo e Battagello per l’Ostregajuve. Pochi minuti dopo viene concesso un terzo calcio di rigore al Resto del Mondo a seguito di un fallo in mischia: ne scoppia un parapiglia generale con Quarto che abbandona polemicamente il campo. Simioni non sbaglia e porta in vantaggio la sua squadra. L’Ostregajuve non ci sta e inizia un forcing senza sosta, che alla fine è premiato da un bel gol dalla distanza di Guidolin. Pochi minuti dopo ennesimo rigore concesso da il sig. Colla, questa volta a favore della formazione pettonudata. Il capitano Cais si avvicina al dischetto: tiro da una parte, portiere dall’altra. In inferiorità numerica per la temporanea assenza di di dididididi Quarto, l’Ostregajuve subisce il gran gol di Marotta che riporta sotto la squadra Resto mondista. Di nuovo in parità per il rientro dell’estremo difensore, l’Ostregajuve subisce però il gol di testa di Simioni, che riporta così nuovamente in vantaggio la sua formazione. L’Ostregajuve non ci sta e aumenta l’intensità di gioco, con raddoppi a centrocampo e pressing asfissiante. Strategia che dai risultati sperati: arriva, infatti, il pareggio di Martinello con un fantasioso esterno sinistro che manda la palla sul palo interno alle spalle del portiere. L’azione di gioco dell’Ostregajuve non cessa d’intensità e all’ultimo minuto arriva il definitivo vantaggio di Lucchini. 5-4 per l’Ostregajuve, che diventa così campione di Copacabana.
Marotta commenta a caldo: “Purtroppo nonostante abbiamo dominato, il risultato non ci ha premiato. Ci sono stati troppi errori arbitrali a nostro sfavore. Noi non parliamo mai degli arbitri ma questa volta dobbiamo riflettere tutti. Il calcio non è questo. Il calcio non è questo. Ovviamente nel Clasico di Porto Alegre usciranno i veri valori delle squadre in campo sperando nella non faziosezza del direttore di gara. Mesi di investimenti anche economici e preparazione atletica gettati al vento.” Così Capitan Cais commenta prestazione della Juve: “Ringrazio Copacabana, è stato il vero dodicesimo uomo in campo. La squadra ha dimostrato personalità, carattere e soprattutto attaccamento alla sabbia. Con queste premesse da oggi l’Ostregajuve può essere inserita fra le migliori 3 squadre del mondo. Nel Clasico di Porto Alegre, nonostante gli infortuni, la gotta e il dessert a 10 real daremo ancora una prova della nostra forza.”

PAGELLE:
OSTREGAJUVE.
Cais: 7, a tratti imbarazzante nella fase difensiva, non costruisce, non chiude, non incide, ma vince. Ed ha ragione.
Guidolin: 6,5, a parte il costume, lontano dai fasti di un tempo è un onesto portatore d’acqua. Snello, leggero, vola come un tacchino punge come un maion de lana a Copacabana. Ha la fiatella e si sente. Gordinho?
Quarto: 8, irascibile, arrogante e presuntuoso. I migliori cocchi di Copacabana.
Lucchini: 7,5, brutto da vedere (sempre) ma concreto sottoporta, il Nureyev di Copacabana.
Martinello: 7,5, la vera sorpresa della partita, nessuno credeva avesse la pancia.
Bosa: 7,5, impressionante la progressione sulla fascia. Garrincha, chi era costui?
Battagello: 7, spumeggiante come il miglior cabernet della Marca.
WEARDEUORLD:
Minato: 6, il terreno intorno a lui è scoppiettante.
Andrea Chabal Berno: 9, il Cristo del Corcovado si è voltato a guardarlo. Fudo della montagna con i piedi di Platini.
Paolo Stocco: se non rimanda è rimandato. Se giocasse a calcio come gioca a carte farebbe un figurone, ed è tutto dire. La squadra spera che si infortuni il prima possibile.
Bertassao: 4,5, Branco e Roberto Carlos hanno molto da imparare.
Cecchetto: 8, Acciliu Lumbardu, idulu eciernu!
Simioni: 9,5, imborghesito come il Totti di fine carriera a Roma, terzinaccio che ricorda Mauro Milanese. Marotta: 4, esteticamente inguardabile, scorretto, provocatore, ricorda nel look Vampeta, nella bellezza Luca Fusi, e nello stile Pasquale Bruno. Capro espiatorio di un sistema malato. Copacabanopoli! Ultimo appello al Clasico.
Arbitro Colla: 10, Lascivo, lascia correre. Purtroppo non sa mettere in riga la partita come i capelli. Colla, la giacchetta nera che ti inculla.

Francesco Quarto

San Paolo - Foz do Iguaçu - Giorno 4

20 dicembre 2011
Giorno 4 - San Paolo - Foz do Iguaçu

"Il verde ribolle"
Paola Lucato - Ostrega!

Il tappone di Ostrega Latina! San Paolo - Foz do Iguaçu, 1100 chilometri, 18 ore di corriera. Ci siamo messi in marcia alle 5 precise di questa mattina. Siamo arrivati a destinazione verso le 23. Una giornata di puro e sano viaggio attraverso gli stati di San Paolo e del Paranà, allietata da un cielo azzurro cosparso di lieve nuvolaglia candida. Ma, soprattutto, da un'esplosione di verde che ha portato il buon umore sull'Ostrega! Bus. Per ore e ore, per centinaia e centinaia di chilometri non abbiamo incontrato che sterminate piantagioni di soia e mais, mais e soia. A perdita d'occhio sempre e solo spianate verdeggianti, colline verdeggianti, vallate verdeggianti.
In corriera il tempo è passato veloce. Le barzellette di Moira. Le trovate di Andrea Bosa. Le tante chiacchiere. Le riflessioni riportate sui rispettivi diari di bordo. La musica ascoltata suonata e cantata. Le risate e i lunghi momenti passati in silenzio ad ammirare il mondo mentre lo vediamo scorrere chilometro dopo chilometro fuori dal finestrino. Le birre condivise. Le pause reclamate e velocemente consumate. Il feeling è quello giusto. Il resto dell'impresa, con un gruppo così, fa meno paura.
Domani non si viaggia. Domani ci si prostra dinnanzi alla magnificenza della natura. La Garganta del Diablo è a pochi chilometri e fremiamo dalla voglia di farci sovrastare dalla sua assoluta potenza.

Dimitri Feltrin

Rio de Janeiro - San Paolo - Giorno 3

Giorno 3 - Rio de Janeiro - San Paolo



La signora Ester canta "Me compare Giacometo", "Merica", "La polenta" e anima il ballo in mezzo al cerchio composto dagli oysters e da brasiliani che, come lei, sono partiti tanti anni fa dal Veneto. Ester ha 80 anni e viene dal Polesine. Fino all'età di 25 anni ha vissuto in Italia. Da giovane si trasferiva stagionalmente in Piemonte dove, con tante sue conterranee, andava a raccogliere il riso. Dopo la guerra, il papà fascista ha preferito abbandonare l'Italia: ha caricato la moglie e gli 11 figli su una nave e ha fatto rotta sul Brasile. Da 54 anni Ester vive a San Paolo. Però, racconta, "parlo ancora diaetto, e chi che no capixe, che el vae in mona!". Ester ha 80 anni, ma non li dimostra. E' forte, arzilla, eccentrica. In Brasile, come tanti altri Veneti, ha avuto fortuna: vive una vita agiata ed ora è presidentessa del Polesani nel Mondo di San Paolo. Però, avverte, "se dovessi dare un consiglio ai giovani, direi loro di non emigrare mai". La vita dell'emigrante è dura, anche quando prende la giusta piega e la nostalgia di casa resta inalterata anche dopo decenni di lontananza. Ester ce lo racconta, Tiago ce lo conferma. Tiago ha 28 anni, nonno di Mel (Belluno), nonna di Dosson (Treviso). Tiago parla un buon italiano "grammaticale" ma, racconta, suo nonno non parlava né l'italiano né il portoghese, solo quel dialetto che si parlava in montagna e che ora, nelle regioni del Sud, si è trasformato nel "taliàn". "Spero di venire presto in Veneto", racconta Tiago, "a vedere le terre dei miei nonni di cui ho sentito parlare per anni e anni in famiglia".
A salutare l'arrivo di Ostrega! a San Paolo, al Circolo Italiano, c'erano tutti quelli che ci potevano essere: il console generale Mauro Marsili, il presidente della Camera di Commercio Italo-Brasiliana locale Edoardo Pollastri, il vicepresidente dell'Ice Gianni Loreti, la presidentessa del Comitato Italiani all'Estero Rita Blasioli Costa, i rappresentanti delle comunità degli emigranti delle 7 province venete. A radunarli è stata Bruna Saccardo Spinelli, consultrice della Regione Veneto e presidentessa della Federazione Veneti dello stato di San Paolo. Sono tutti emigranti e figli di emigranti veneti e, nonostante la vicinanza delle festività, nonostante i tanti impegni, ci hanno dedicato un'entusiasta accoglienza, hanno ascoltato con interesse il nostro progetto, ci hanno infuso entusiasmo e dispensato consigli. Ma soprattutto, hanno festeggiato con noi un incontro nel quale ci siamo potuti specchiare gli uni negli altri: chi ha deciso di restare con chi ha deciso di partire, chi il Veneto lo vive con chi lo può solo ricordare, chi lo ha abbandonato in stato di miseria e ora vive nell'agio con chi sta vivendo sulle proprie spalle gli effetti di una crisi che convince sempre più giovani a lasciare lo Stivale. Un confronto che non può che arricchire gli uni e gli altri. E noi, oggi ci sentiamo più ricchi!
Ed ora qualche nota di viaggio. La prima tappa di bus, Rio-San Paolo, è stata più impegnativa del previsto. Abbiamo percorso i 440 chilometri in poco meno di 12 ore!!! Due delle quali sono state dedicate all'affissione degli adesivi dei nostri sponsor e del progetto OstregaLatina! sulla carrozzeria dell'Ostrega! Bus. Tante, troppe ore per una tappa così semplice. Non siamo nemmeno passati per l'Hotel. Siamo arrivati giusto in tempo per l'incontro, ci siamo cambiati nell'atrio del Circolo prima di poterci sistemare nelle nostre camere. Siamo usciti per le strade di San Paolo, la città più grande del Sud America, dove vivono ben 6 milioni di italo-discendenti, solo a tarda serata. Il tempo di trovare un posticino dove mangiare lungo la strada, di una passeggiata nella zona centrale, ed è già tempo di mettersi a nanna. Domani ci aspetta la tappa più lunga del viaggio. Foz de Iguacu dista più di mille chilometri, e visto quanto ci abbiamo messo a percorrerne appena 400... Buona notte, la sveglia è alle 4. Ritrovo in hall alle 4.30. Partenza alle 5.00. 

Dimitri Feltrin



lunedì 19 dicembre 2011

Rio de Janeiro - giorno 2


18 dicembre 2011
Giorno 2 - Rio de Janeiro

L'idea di dovermi aggirare per le strade di Rio con in spalla una telecamera alquanto vistosa mi ha generato, alla vigilia della partenza, non poca apprensione. La presenza delle favelas, che si alternano senza soluzione di continuità ai quartieri più frequentati dai turisti, le continue notizie di cronaca nera diffuse dalla stampa internazionale, e non per ultime le raccomandazioni di prudenza riportate da tutte le guide che ho consultato preparandomi al viaggio hanno fatto sì che mi sia immaginato una città ad altissimo rischio. E forse lo è davvero. Ma, come mi è sempre successo fin ora nella vita, mi sono preoccupato più di quanto avrei dovuto. Sono ancora vivo, vegeto, in salute, la mia telecamera è qui con me, intatta e nessuno ha tentato di portarmela via!
Rio (o almeno quelle parti di essa che abbiamo visitato) si è rivelata una città vivace e piacevole. Assolutamente adatta a riprendersi dalle quasi 24 ore di viaggio di ieri e prepararsi al lungo tour che domani prenderà il via. Mattinata in visita al Cristo Redentor, la mastodontica statua del Cristo che sovrasta e sorveglia la megalopoli, eretta in occasione del centenario dell'indipendenza del Brasile e oggi simbolo indiscusso della città. Un cielo non proprio terso e qualche goccia di pioggia conferiscono al panorama carioca un alone quasi malinconico, diverso da quell'entusiasmo pirotecnico che straborda nelle torride nottate carnevalesche. Una brezza fresca mitiga il calore di una primavera che, quaggiù, sta per farsi estate.
Scorrazzando per la città si incontrano continuamente chiazze verdi di una vegetazione pluviale che è stata ampiamente soppiantata dal cemento, ma che continua ad essere presente in ogni dove. Edifici coloniali lasciano spazio a moderni grattacieli, che presto degradano in baraccopoli fatiscenti. Gli spunti visivi sono continui. I cambi di set repentini. In una città, tante piccole città, adiacenti seppur apparentemente inconciliabili. Tra esse Copacabana, forse la spiaggia più famosa del pianeta, con la sua farinosa sabbia bianca che si lascia colorare dalle tinte cangianti del cielo e una corolla di scialbi ma imponenti grattacieli sullo sfondo. Nel mezzo una strada che sembra vivere di vita propria per l'incessante viavai assortito di mezzi e persone. Tra queste ci imbattiamo, durante il rituale della caipirinha a bordo-spiaggia, in un gruppo di giovani e belle ragazze sorridenti impegnate a dispensare "free-hugs", abbracci gratuiti, ai passanti. Un episodio inaspettato vista la fama di Rio, dove corpi e anime sembrerebbero dover essere tutti in vendita. Il piacevole incontro avviene dopo qualche ora trascorsa al mare, rinfrancati da una nuotata tra le gelide onde dell'Atlantico e  una partitella a calcio sulla spiaggia.
Resta il tempo di girovagare a ruota libera per la città. Scelgo il metodo che più mi piace: la passeggiata a random, grazie alla quale ci si imbatte nelle situazioni allo stesso tempo meno prevedibili e più memorabili. Per vivere la Rio notturna, sicuramente foriera di strabilianti sorprese, non c'è tempo. Da domani si fa sul serio: partenza alle 6 verso San Paolo, dove, nel pomeriggio, ci aspetta il nostro primo incontro con le comunità venete del Sud America.

Dimitri Feltrin.

Rio de Janeiro - giorno 1




17 dicembre 2011 - GIORNO 1
Siamo a Rio! OstregaLatina! è partita e, dopo la prima giornata, il livello di stanchezza fisica è già elevato. Ci siamo dati appuntamento alle 4 del mattino a Riese Pio X per salire sul Barbi, il bus che nel 2009 ci ha portati trionfanti fino in piazza Tienanmen, e che a più di due anni di distanza ci ha accompagnati al Marco Polo di Venezia dando ufficialmente il via a Ostrega Latina!
Partenza da Tessera alle 7 e 40, scalo a Madrid e poi sopra l'oceano, 9 ore di volo fino a Rio de Janeiro. Siamo sbarcati verso le 21 ora locale (qui l'orologio è indietro di 3 ore) e, tra un controllo e l'altro, siamo usciti dal terminal verso le 23, rallentati anche dallo smarrimento del bagaglio di uno dei nostri: a Devis non resta che sperare che la sua valigia venga ritrovata al più presto e consegnata domani in hotel prima della partenza della prossima tappa.
Appena fuori dall'aeroporto, ad attenderci, c'era l'erede del Barbi: il pullman arrivato dall'Argentina che ci porterà fino alla Fine del Mondo. Niente a che vedere con il nostro vecchio mezzo: classe 1981, zero elettronica, pochi comfort e un gran numero di ritocchi basati esclusivamente sulle nostre esigenze. Il nuovo Ostrega! Bus è - appunto - nuovo! Imponente nei due piani su cui si sviluppa; spazioso con i suoi 60 posti; inalterabile nella sua essenza di autobus moderno ed efficiente. Un po' mi rassicura. Un po' mi spaventa. Un po' mi dispiace che si sia persa la poesia di spingere l'obsoleto fino all'ultra-efficiente, dimostrando che la sostanza spesso vale più della forma. Viaggeremo in 34. Più i due autisti, Mario e Victor, che si sono subito mostrati molto professionali e a cui ci affidiamo per la riuscita dell'impresa.
Rio ci accoglie nel modo che meno ci aspettavamo. Piove, è già notte da un po', siamo provati dal viaggio: al primo acchito non si respira la festosità che ci si aspetta sprizzare dalle spiagge di Copacabana o dai sambodromi improvvisati per le strade. Ma è quando le sensazioni cozzano con le aspettative che si capisce come le situazioni vadano vissute in prima persona per essere gustate nel loro aroma più genuino.
Ma siamo arrivati da poche ore. L'America Latina è tutta da scoprire. Domani si comincia davvero con Rio. E si rifà il look all'Ostrega! Bus prima di dirigerlo verso Sud.

Dimitri Feltrin.



domenica 18 dicembre 2011

Arrivo a Rio!


hola a todos,
o come dicono qui in Brasile "hola a todos".  Subito la prima scoperta amara del viaggio: qui in Brasile si parla portoghese, e stranamente quando noi interloquiamo con chiunque in spagnolo nessuno ci capisce...stranezze della vita!
Addognimodo (altra espressione colorita dello slang carioca) l'avevamo promesso la scorsa volta al ritorno da Ostrega! in tour, ed ora ecco ci qua ancora!
Per venti giorni da questa pagina potrete seguire il nostro viaggio attraverso l'America Latina, prima di giungere all'America Frosinone e completare il cerchio.
34 partecipanti, divisi equamente fra donne e uomini, prepareranno per un mese le ricette piu' elaborate sfidandosi fra loro per ottenere il premio di Master Chef...ah no, spetta, questa è un altra cosa!
In questi giorni andremo sue giu, a destra e a manca per i sudamerica, conoscendo gente, citta' e quant'altro troveremo lungo il cammino.
Seguendoci, potrete quindi sapere tutto ciò che faremo e ciò che avremo da dire, dare, fare, baciare, lettera, testamento e pugnosottoilmento (ah, che figata lo slang carioca!)
Per ora solo un breve aggiornamento: ieri al nostro arrivo a Rio, condizionato da sole 2 ore di dogana, la pioggia e l'umidità l'ha fatta da padrona..ed eravamo ancora dentro l'aeroporto!!!
Oggi visita della città con il pan di zucchero e il cristo sopra la collina del Corcovado, detto dagli abitanti carioca Madonnasantaincoronetadell'immacoletadelcorcovedo!
Un saluto a tutti ma soprattutto alla cameriera che sta vedendo scrivere sto post mentre rifà il letto.
ciaooo!

asdsdfasdf

sdasdfasdfasdf