giovedì 5 gennaio 2012

Giorni 18 e 19 - Esquel - Comodoro Rivadavia - El Calafate

03 - 04 gen 12
ESQUEL - COMODORO RIVADAVIA - EL CALAFATE
GIORNO 18-19



"Il vento fa alla mia casa la sua ronda di singhiozzi 
e di urlo, e spezza, come un cristallo, il mio grido. 
E nella pianura bianca, di orizzonte infinito, 
guardo morire immensi occasi dolorosi".
Gabriela Mistral
Antonella e Miledi trascinate dal vento.
Spaziosa. Incredibilmente spaziosa. Per quanto si leggano i versi dei poeti, o le pagine dei narratori, o i diari dei viaggiatori, la Patagonia risulta così: incredibilmente spaziosa. Sono 3 giorni ormai che ci siamo addentrati nella regione più meridionale dell'Argentina. Eppure le distese infinite sembrano non finire mai. Il paesaggio non è monotono: prima un'area completamente secca e desertica. Poi cespugli di colore tendente al giallo. Poi una macchia di color verde scuro. Poi un rilievo. Si sale, un paio di tornanti, e sotto un mare di roccia. Ogni tanto un'oasi. Qui e lì dei laghetti salati. E' uno spettacolo multicolore ma pacato. Grandioso, ma timido. Sono spazi che non ti costringono a guardarli: se sei del giusto umore ti ci perdi e ti ci fai cullare. Se non ne hai voglia, ti giri dall'altra parte, fai dell'altro, e non ti senti in colpa.
Laguna Nimez, El Calafate.
Se c'è una cosa, in Patagonia, di cui non puoi non tener conto, invece, quello è il vento. Non è freddo come me lo immaginavo. Almeno non alla latitudine che abbiamo raggiunto fin ora. Però è fortissimo, costante, rumoroso, invadente. In Patagonia il silenzio non esiste, perché il vento lo rende impossibile. Ti si infila nelle orecchie, fischia tra i cespugli, sbatacchia contro tutto quel che trova sul suo cammino. A me non piace tanto il vento. Mi infastidisce, mi rintontisce, mi stanca. E, abbinato a tutta questa vastità, mi mette dentro un senso di malinconia e di solitudine che fatico a scacciare.
Quel che più ti tiene incollato al finestrino, però, è il cielo. Le nuvole sono diverse. Non so se dipenda dalla diversa spazialità, o dalla pressione atmosferica, o dalla composizione dell'aria. Non ne ho idea. Fatto sta che le nuvole qui sono più belle. Sia quando, a mo' di batuffoli, si dispongono basse e in successione, facendoti credere che il cielo non sia poi così alto come da bambini siamo stati abituati a pensare. Sia quando sembrano delle vere e proprie pennellate di bianco. Prendete un pennello. Intingetelo nella tempera bianca. Passatelo con un colpo secco su una tela o su un foglio azzurro. La nuvole qui sono spesso così: nette strisciate di bianco con qualche sbavatura ai bordi. E la nuvolaglia diventa meglio dei fuochi d'artificio quando la vedi che si colora degli arancio, dei rosa, degli azzurri e dei panna dell'alba. 
Oysters a El Calafate.
L'aurora ce la siamo vista spesso dalla corriera, ma quella a cui abbiamo assistito ripartendo da Comodoro Rivadavia è stata epica. Mentre il sole sorgeva, viaggiavamo proprio lungo la costa Atlantica, verso sud. Alla nostra sinistra, ad est, da qualche parte dietro all'oceano, il sole ha cominciato a scoccare i suoi raggi, che riflessi dalle nuvole sono diventati un capolavoro cromatico quasi commovente. In pochi, sull'Ostrega! Bus, si sono persi questo spettacolo. In molti si sono accalcati intorno ai posti davanti del piano superiore per poter godere al meglio di questo colpo d'occhio irripetibile.
Sul far della sera del nostro 19esimo giorno di viaggio arriviamo al Calafate. Il nostro albergo ha una collocazione stupenda: sovrasta una collinetta che si affaccia sulla Laguna Nimez. Tra l'hotel e lo specchio d'acqua, falchetti e fenicotteri planano controvento con il tramonto sullo sfondo. Scendiamo tutti in riva per fotografare e imprimere questo spettacolo dentro di noi, prima di dirigerci verso la rilassata cittadina per la cena. E' un buon antipasto. Domani mattina andiamo al Perito Moreno. Ci aspettiamo grandi cose.


Dimitri Feltrin



Foto di Elena Squizzato

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